lunedì 3 ottobre 2016

Parla della persona che ammiri di più

Alle elementari scommetto che sarà capitato quasi a tutti voi di trovarvi di fronte allo svolgimento del tema "parla della persona che ammiri di più" il mio lo ricordo ancora con rara vividezza nonostante siano passati diciassette anni. In quinta elementare la persona che ammiravo di più era mia madre, mi ricordo che scrissi che l'ammiravo perché era bella e mi piaceva andare a fare la spesa con lei, avevo incluso anche un disegno di noi due intente a fare compere, ricordo che il rito della spesa era qualcosa di magico per me. Quando eravamo insieme nel supermercato si creava un bel clima disteso, lei era felice e questo di riflesso rendeva felice me. A 10 anni quando mi chiedevano come sarei voluta essere da grande avrei senza dubbio risposto voglio essere come la mia mamma, vorrei essere lei. Era proprio così e così è stato per tanto tempo, idealizzavo mia madre. Lei non era la classica mamma chioccia affettuosa, o meglio,  lo era ad intermittenza. C'erano delle volte in cui poteva essere la persona più dolce ed amorevole del mondo e se era un momento particolarmente buono io ed i miei fratelli facevamo a gara per starle vicino, perché poteva essere estremamente generosa e dolce. Il contrappasso di quei momenti di idillio erano momenti degni di un girone dantesco. Succedeva così senza preavviso ne motivo apparente, in un momento potevi passare da figlio amato e perfetto a demonio, e allora volavano urla, insulti degni di un qualsiasi bullo di periferia e non-sense. Non vali niente non sei capace di fare niente, maledico il giorno che sei nato, sei la causa di tutti i miei problemi. Dopo tutto quello che rimaneva in me, a 10 anni, era un profondo senso di vuoto. Non capito perché mi fossi meritata tutto quell'odio, cercavo disperatamente di dare un senso alla situazione ma non potevo accettare che quell'essere angelicato così dolce e perfetto fosse crudele senza motivo quindi, evidentemente, il problema ero io dovevo per forza essere io. Ero io ad essere cattiva, una figlia indegna, egoista e perfida. E proprio a quell'età cominciai ad odiarmi, sperando che la bambina cattiva che viveva in me potesse morire prima o poi, sognando di far felice la mia mamma anelando alla serenità come la cosa più desiderabile del mondo. E quindi ho vissuto ad intermittenza, un momento ero brava bellissima e la figlia migliore ed il momento dopo ero cattiva, brutta ed una vera disgrazia. Oggi poco è cambiato, almeno per lei che è sempre in balìa dei suoi sbalzi emotivi con il suo interruttore on/off ed io ancora cerco di spiegarmi cosa lo faccia innescare, e mi sono dovuta iscrivere a psicologia per trovare delle risposte, che ovviamente non ho trovato, almeno non là. Ed ancora oggi piango quando mi insulta, a ventisette anni ancora lotto per soffocare e per comprendere l'odio e la rabbia, ed è difficile nonostante il grande aiuto che per fortuna ho avuto il coraggio di chiedere. Lotto per non sentirmi sbagliata, lotto per sentire che c'è dignità nella mia vita e che dopotutto valgo qualcosa più di un bel niente, e per non vederla come lei vede il mondo, bianco o nero per non odiarla quando mi odia e per non amarla quando mi ama. Cerco di modulare le emozioni, di non farle dipendere da quelle degli altri. Di essere protagonista è non specchio.
E di tutto questo fardello pesante mi è rimasta la paura che ho di diventare come lei, che si è ammalata per la paura di non essere abbastanza, per la paura di essere sbagliata. Ed ho paura di crollare su me stessa e non essere più in grado di ragionare ed amare qualcuno in maniera normale. Perché ve lo assicuro la devianza non è una cosa divertente, la patologia è affascinante solo nei libri. Ed allontanare le persone che si amano per paura di fargli del male è disumano e straziante.  E rende fragili, rende manipolabili.
Tutto sommato so che esisto, che la mia vita è qualcosa di unico ed irripetibile, ed il passato, per quanto possa essere pesante può smettere di condizionare il presente e quindi sono positiva, guardo avanti e penso a me stessa senza sentirmi in colpa per non essere come verrebbero gli altri, provo ogni giorno a sentirmi degna dei miei desideri e sogni sapendo che la felicità è uno stato d'animo che si conquista piano piano. E che la più grande paura da combattere è la paura stessa.

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